Camminando sui sassi.
di Lucio Mayoor Tosi
Oggi ho realizzato il mio primo dipinto zen. E’ stato molto divertente, peccato averlo fatto in un solo attimo. In compenso la preparazione è stata lunga e complessa. Una sola incertezza mi ha impedito di finire il dipinto con un solo gesto; non penso che sia grave, l’incertezza è dovuta ad una considerazione estetica. Non so se capita anche agli orientali, che la mente sia l’ultima a lasciare le armi.
c’è un ideogramma in nuce
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Il suo significato è nel titolo. Di più non saprei dire. Avevo a disposizione un fondo su cui avevo lavorato diverse ore. C’era una “partitura”, delle ombre che ho voluto interpretare in questo modo. E l’ho fatto.
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D’improvviso ho ricordato tutto quel che sapevo sulla pittura zen. In passato avevo partecipato ad una stage di due giorni condotto da un bravissimo maestro giapponese. Ma di quell’episodio ricordo solo i miei goffi tentativi.
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caro Lucio,
non sono un esperto della pittura Zen ma mi sembra che il tuo dipinto sia interessante, quelle macchie che si allungano vogliono dire qualcosa, vogliono alludere a qualcosa che va oltre il detto, che dietro ciò che appare c’è dell’altro che non conosciamo o di cui non abbiamo cognizione.
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Caro Giorgio,
non sto a dirti della valanga di pensieri che poi in me s’è scatenata. Purtroppo l’arte zen è una soglia oltre la quale l’intelletto non può andare. Chi guarda però può ripercorrere il gesto idealmente, apprezzarne la sicurezza, l’idea e la composizione. Trovo che Camminando sui sassi sia un buon titolo, un verso fulmineo tanto quanto il dipinto. Le parole danno significato.
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Caro Mayor,
non so nulla di arte Zen, però il titolo della tua opera mi suscita un’impressione che me la rende ancor più pregevole.
Può sembrare futile la cosa, ma ho esperienza del camminare sui sassi con i tacchi alti, “a spillo”: precarietà e senso d’elevazione (l’ “élévation” di Baudelaire).
Giorgina
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ho visto un documentario sui giardini zen, ma il dipinto zen è la stessa cosa? e quali sono le caratteristiche dei dipinti e dei giardini zen?
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Credo che l’arte Sumi-e, pittura su carta solitamente realizzata con inchiostro nero, sia una faccenda per maestri. Perfino io che non ne ho molta esperienza, nel momento in cui ho realizzato il dipinto ho dovuto sentirmi maestro; in pratica ho capito che nell’azione non potevo avere tentennamenti, quindi più che uno studio è stato un risultato, un’azione viva. Dire che è pittura viva può significare che con c’è spazio né tempo per decorazioni e abbellimenti. Dei giardini zen so pochissimo, credo si tratti di trovare equilibrio tra vuoto e pieno, non solamente armonia del pieno quindi. Inoltre, malgrado possa sembrare arte spontanea, di getto ( e lo è), per i giapponesi ha significato simbolico, di solito riferito a elementi della natura: la ghiaia è trattata come acqua, le rocce sono sapienti aggregazioni di materia ecc. Poi sai come fan loro, se una cosa va bene la si fa per almeno un migliaio d’anni. Dipinti e giardini non sono la stessa cosa, pare infatti che i giardini siano una scoperta recente, del secolo scorso. Comunque sia, in entrambi i casi quel che conta è il non-pensiero della filosofia zen. Zen è una pratica di trasformazione che comprende parecchie discipline, tra cui le arti marziali. Le pratiche, correttamente eseguite, producono satori (attimi di assoluta consapevolezza) che sono preludi della completa realizzazione umana e spirituale del praticante. Per i poeti è di grande importanza l’esercizio dei Koan (quesiti irrisolvibili che obbligano la mente ad un lavoro pazzesco per trovare una risposta, che poi, una volta trovata, non è la cosa più importante). Ho partecipato a due ritiri zen sui koan, ciascuno della durata di una settimana, che mi hanno ribaltato mente e cuore, che mi hanno fatto piangere e urlare. Una meraviglia!
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Un buona introduzione allo zen, per noi occidentali, è stata scritta da Alan Watts (La via dello zen).
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