Verde.
di Lucio Mayoor Tosi
Nel perfetto corridoio, il discreto rumore del carrello
delle medicine. Qualcosa finisce sui vetri,
l’ombra di una farfalla scura, di quelle che arrivano
cieche in piena estate, e vanno a sbattere sul petto
sussurrando: presagio!
Distanze di ulivi e lontanissime barche. Intorno
girano ancora le stanze che sappiamo, coi soffitti
alti che non ci puoi appendere un quadro.
Il bambino d’oro sta con le mani in mano.
Sull’altro pianeta si moriva, ma poi erano danze
e da sotto il cappello storto uscivano nuvolette
di luce affamata. Senza confina tra qui e là.
Dal letto d’ospedale non si riesce a guardare in basso.
– Per un’ultima volta vorrei dare uno sguardo
alle verdi chele dell’astronave. Ascoltare il lento
respiro dei motori. La soglia verde di ogni pensiero.
Congiungo le mani e mando un saluto alla radica
dei muri, al fiore turchese che diceva «A domani».
Prendiamoci una romantica stella morta, voce
dimenticata, da lasciapassare.Distanze secolari.
Senza ritorno, ché al centro lo spazzino si è preso
ormai quelle ogni-distanza. E la memoria.
1) Qualcosa finisce sui vetri, l’ombra di una
farfalla scura, di quelle che arrivano cieche in piena estate
e vanno a sbattere sul petto
2) Il bambino d’oro sta con le mani in mano.
3) Sull’altro pianeta si moriva ma poi erano ostriche
e da sotto il cappello storto usciva una nuvoletta di fumo.
4) Partiremo a turno. Salutate la radica dei muri.
caro Lucio,
ho isolato queste 4 proposizioni-immagini, che sono quelle che preferisco e attorno alle quali devi sistemare gli altri versi di accompagnamento… Il telaio è ottimo ma devi fare qualche aggiustamento. Complimenti
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Caro Giorgio,
veramente pensavo di buttarla, questa poesia, o di metterla tra le bozze. Qual che la salva, anche se può non sembrare, è la parte di autenticità. Ma grazie, trovo utilissimi come sempre i tuoi consigli e le evidenziazioni. Avrei voluto prendere di petto la morte, vista e vissuta da vicino e da molto lontano. Ci lavorerò.
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