P.

di Lucio Mayoor Tosi

Olga si accorge di me. Si vede che sto morendo.
Il benessere cammina sui propri passi.

Senza intelligenza si ragiona meglio. Potrei dire qualcosa sul fatto
che esci scollata e altre scemenze:  la luna al borgo antico inganna

il capezzolo “si diverte con poco: di due bastoncini
ne fa un’autostrada.

Non sono intelligente: sono illuminato. Non mi credi?
Sì, come astro in terra. Poche domande ma tante rivelazioni.

Strette di mano e pacche sulla testa: il raglio del cammello, il cinguettio
della mucca e l’andare a piedi di un quadrupede. Opere indimenticabili.

Dio non può fare affidamento sul mio inconscio.

*

In chiave umoristica: si presentò all’appuntamento
con due grissini in mano. Ecco: le immagini si fanno brevi.

La sincerità ha un sorriso smagliante. Il rebus
un-fenicottero-(con) una sola zampa-si mangia l’oliva.

Del clown. Bersaglio da circo per signore in grado finalmente
di capire, senza valutare.

(Quest’uomo era mio padre? Cosa dovrei fare
per vincere l’incertezza?)

L’assenza di quella… puttana di intelligenza mi costringe
a indossare occhiali sa sole:  entra nella testa il caos,

come fosse a casa sua! Pensieri come “l’universo è una fabbrica
di illusioni scientificamente comprovata”.

hanno lo stesso valore del silenzio di una piazza; coltello che cade
o chicco di melograno in bocca.

Oppure amore da trattare coi guanti.

Siamo fratelli diversi. Il viaggio del portacenere (tra sala e cucina)
finisce all’orto della sagrestia. Amore mio. Ma benvenuta, ti dedico

una poesia rotonda come il pane; nutro la speranza di poterti rivedere,
un giorno, sulla postazione di Äncorad. Blu antracite. Come il fermaglio

del cane-spaziale, pronipote del primo che andò nello spazio.
Il cane triste che vedemmo in Puglia, uscendo di casa.

Il motorino con gli occhi da gatto. Manto dell’odalisca.
ma è il sedere di una prugna.

Ti aspetto.